Viaggio a La Madia: la cucina della memoria di Cuttaia per le scale di Sicilia

•20 agosto 2018

“C’è un ingrediente che non manca mai nei miei piatti e che consente di riconoscerli. Il mio ingrediente segreto é la memoria. Ognuno dei miei piatti, con la sua semplicità, prova a raccontare una storia”

Recita così la quarta di copertina de “Per le scale di Sicilia”, profumi, sapori, racconti e, appunto, memoria di Pino Cuttaia, fiero e fedele scudiero dello scrigno di tesori racchiusi in Sicilia, punto di partenza e d’approdo del viaggio esistenziale del protagonista. Ripercorrendo le tappe del cuoco di Licata si potrebbe scorgere una delle tante parabole migratorie nell’Italia del dopoguerra, una fra le innumerevoli famiglie meridionali in cerca di fortuna al Nord, baciato dal boom economico. Proprio la fabbrica, simbolo di questo contesto sociale, sembra delinearsi sullo sfondo lavorativo del giovane Cuttaia al termine degli studi, fino a quando il gesto creativo del passatempo culinario rimpiazza l’alienante ritmo operaio. L’elettrizzante incertezza derivante dal taglio della prima cipolla, le chiacchiere scambiate davanti al forno di una pizzeria, le notti spese ad ammirare la lievitazione di un impasto, le esperienze in templi piemontesi come il Sorriso, a Soriso(Novara), e il Patio, a Pollone(Biella), trasformano un posto insicuro in un profondo credo vitale.

Due stelle Michelin, Tre Forchette per Gambero Rosso, Giovane dell’anno 2005 e piatto ‘Premio Pommery’ 2013 con la Nuvola di Caprese per le Guide dell’Espresso, cuoco dell’anno per il Golosario e copertina nell’edizione 2014 d’Identità Golose, con l’Uovo di seppia come signature; leggendo a posteriori i successi mietuti senza soluzione di continuità, si rischia di non comprendere appieno l’azzardo puntato da Cuttaia sulla città natale e la montagna scalata per imporre una cucina d’autore a questa latitudine. Ma Licata, pur non essendo Tokyo, Parigi o New York, é l’epicentro del processo mnemonico alla base di un pensiero culinario, innestato dai colori delle primizie appena colte, dal profumo delle polpette al sugo domenicali, dagli schiamazzi dei pescatori, dalla salsedine depositata sul viso dopo le passeggiate sul bagnasciuga. Il 2000 é l’anno del definitivo ritorno a casa, del figliol prodigo divenuto uomo maturo al fianco della moglie Loredana, smanioso di rispolverare la madia di famiglia, mobile rustico un tempo adibito alla lavorazione e alla conservazione del pane.

Oggi La Madia attrae a Licata flotte di appassionati gourmand disposti al viaggio pur di condividere i ricordi, le sensazioni e gli affetti estrapolati dall’antico forziere in legno, sapientemente plasmati in gioie sensoriali per gli ospiti. Il legno rimane la chiave d’accesso per una location minimal ed elegante, ripulita da artifici stilistici, come la mise en place, disposta su candide tovaglie, in una sala illuminata da un’unica vetrata, affacciata su una piccola corte interna. Mise en place

‘Per le scale di Sicilia’, ‘Illusione’ e ‘Il mare inaspettato’ sono i tre percorsi degustazione guidati, ma non manca un ventaglio di scelta alla carta. Il primo appuntamento a questa tavola non può prescindere dall’assaggio di determinati must, rivelatori, espliciti, chiarificatori della trama identitaria di questa cucina. Il merluzzo all’affumicatura di pigna interseca, sin da subito, vari rimandi del vissuto dello chef, in una sorta di pizza contornata da un cornicione speciale, a base di latte e farina, lievitato, passato al forno, gonfio, etereo, croccante. Al centro il crudo di merluzzo marinato e affumicato con le pigne bruciate, velato da una soffice spuma di patate, rifinita dal condimento tipico della pizzaiola, con pomodoro essiccato, origano, olive taggiasche e olio a crudo. Merluzzo all’affumicatura di pigna

L’interpretazione di un grande classico nostrano, la caprese, non muta la temperatura originale di servizio, con trattamento e consistenze differenti, senza snaturare il sapore degli ingredienti in gioco. La mozzarella di bufala viene frullata con il latte caldo, quindi miscelata con la panna in un composto setoso, sifonato e rivestito da un’impercettibile sfoglia, ottenuta dal latte a sobbollire. I pomodori datterini sono cucinati sottovuoto e filtrati in una spremuta, a bagnare la base della Nuvola. La successione iniziale tratteggia una linea materica, godibile, in cui la tecnica contemporanea è al servizio di piatti piacioni e squisitamente concreti. Nuvola di caprese

Il pregiato battuto di tonno Alalunga condito con olio e limone é un intermezzo gustativo che riconduce all’infanzia, tramite la memoria visiva, quando le mamme coccolavano i bambini febbricitanti con una fettina di carne non indimenticabile. “Il simbolo più forte è il seme del limone: la perfezione imperfetta del gesto domestico… Mai una mamma lo avrebbe fatto mancare”. Vietato esimersi dalla scarpetta con il fragrante pane a lievitazione naturale con grani antichi siciliani.

La fettina di tonno Alalunga olio e limone Pane e grissini

Il prosieguo si snoda attorno a un capolavoro estetico e gustativo, celebrativo del pesce azzurro più consumato da queste parti, in un vero e proprio quadro. I filetti vengono marinati con una soluzione d’acqua di mare e aceto, prima di essere accomodati e appiattiti all’interno del dipinto, incorniciato da una maionese di bottarga, a donare salinità e carattere al morso. I petali di cipolla agrodolce, la leggera acidità vegetale del pomodoro verde e il carbone al nero di seppia, ottenuto dalle vesciche asciugate in forno, completano un’opera delicata e al contempo equilibrata, dal mirabile equilibrio palatale.Quadro di alici

Il passaggio seguente si rivolge verso Agrigento, al sensazionale paesaggio naturale della Scala dei Turchi, riprodotto al termine del 2017 dopo uno studio approfondito, volto a delineare sul piatto la falesia scoscesa della Scala, celando sotto una bianca spuma salina tutte le nuances delle sue acque. L’assaggio sprigiona una travolgente mousse di riccio, avvolta da un lieve velo di seppia, in un’esplosione di iodio e mineralità all’ennesima potenza. Impattante, spiazzante, memorabile.

Scala dei Turchi

Il livello non scende con il coreografico Polpo sulla roccia, a immaginare un fondale marino, riportato davanti al commensale solidificando l’acqua di cottura del polpo con albume e amido, a modellare la roccia, dalla texture aerea, sulla quale poggia il cefalopode cotto a pressione. Accompagnano un frullato di ceci e una salsa di cozze e capperi, in un binomio terra mare chiuso dalle lenticchie di Ustica, fritte e sbriciolate come fossero granelli di sabbia.Polpo sulla roccia

Il Mare inaspettato si conclude con un primo, a coronamento di una sontuosa consecutio, scandaglio delle diverse profondità marine. La minestra di pasta e crostacei arriva in un coccio da cui poter servirsi da soli il bis o il tris, come in una convivio familiare. Un inno alla gola, alla zuppa di pesce materna, ai sapori veraci, al comfort food nobilitato da polso e cotture d’alta scuola, in una commistione d’antologia fra tradizione e contemporaneità. Minestra di pasta e crostacei

Il fico pochè e gelato al Marsala rinfresca la bocca e anticipa la Cornucopia, esaltazione del classico cannolo, tarato su un impasto a base di farina, cacao, strutto, zucchero e aceto di vino rosso, aromatizzato con scorza d’arancia e cannella, fritto ai limiti della perfezione, a restituire una superlativa cialda crunchy, farcita di ricotta vaccina, abbinata a una marmellata d’arance candite e pistacchi tostati. Fico pochè e gelato al MarsalaCornucopia

Menzione a una sala che gira su tempistiche puntuali con una cordialità sensata, non forzata, rispettosa dello spazio dei clienti, a cui si può appuntare qualche mancanza di precisione nello storytelling dei piatti.

Al termine dell’esperienza trascorsa si può cogliere il legame inscindibile fra Licata e il più grande motivo d’orgoglio di questa realtà siciliana. Lontano da questi lidi, dai suoi ricordi, dalla massima espressività dei frutti, dalla sua amata terra, Cuttaia sarebbe ugualmente un signor cuoco, ma forse rinuncerebbe alla sua anima; così come il giornalista, il gourmet o l’amatore appassionato si priverebbero dell’emozione di correre fin qui, fino in fondo alla Sicilia, per vivere in simbiosi con la meta uno dei migliori pasti che si possano scovare oggi in Italia. In definitiva, perché per Cuttaia “Licata è ‘u megliu paisi du munnu”.

Corso F. Re Capriata 22, Licata(AG)

0922771443

http://www.ristorantelamadia.it

Orari: dalle 13 alle 14 e dalle 20 alle 22, chiuso il martedì.

Prezzi: menù degustazione da 95, 115, 130€, piatti alla carta da 26 a 34€

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